Federer, Nietzsche e l'eleganza del generalista.
In un mondo che cambia, non vince chi parte prima, ma chi sa adattarsi.
Bentrovati su Builded, la newsletter settimanale per chi costruisce davvero: business, startup, prodotti. Qui raccontiamo storie, strategie e riflessioni sul lato umano dell'innovazione. Senza scorciatoie, senza illusioni.
Qualche sera fa, guardando Wimbledon, ho pensato al Re, Roger Federer.
Non all’uomo. Ma al giocatore.
Federer oggi è ricordato come un alieno, sì. Ma in pochi sanno che non è mai stato un bambino prodigio.
Non ha iniziato a tre anni come Tiger Woods. Non ha fatto solo tennis.
Da piccolo ha provato un po’ di tutto: calcio, basket, ping pong, sci.
È arrivato al tennis quasi per esclusione.
Tardi. Ma poi ha dominato.
E soprattutto: ha costruito una carriera duratura.
Il suo segreto? Sperimentare.
David Epstein, nel suo libro Range, parte proprio da qui.
In un mondo che ti spinge a specializzarti presto, a scegliere in fretta, lui ribalta la logica:
“In ambienti complessi, chi esplora vince.”
Non per caso. Perché sviluppa un pensiero trasversale che gli altri non hanno.
Il mondo ama gli specialisti
Viviamo in una cultura che idolatra chi trova la propria “mission” a 19 anni.
Chi fa solo una cosa, e la fa meglio di tutti.
È la logica del focus assoluto. Dell’early bloomer.
E per un po’ funziona.
Ma quando il contesto cambia (e oggi cambia sempre), il rischio è grosso:
diventi fragile.
Se la tua unica (super)skill si “rompe”, cosa resta?
Se il tuo settore crolla, da cosa ricominci?
I giganti cosa hanno fatto?
Non parliamo solo di atleti.
Molti founder e imprenditori di oggi non sono partiti da un’ossessione tecnica.
Reed Hastings (Netflix): prima insegnante di matematica, poi programmatore, infine imprenditore.
Melanie Perkins (Canva): ha iniziato con un progetto di yearbook scolastici. Poi design. Poi ha costruito una piattaforma globale.
Ben Chestnut (Mailchimp): prima grafico freelance, poi sviluppatore, infine marketer.
Quello che accomuna tutti questi?
Non sono partiti da un piano perfetto.
Hanno provato. Hanno sbagliato. Hanno cambiato pelle.
Ma ogni passaggio ha aggiunto spessore mentale.
Ed è quello che oggi li rende antifragili.
Nietzsche, Epstein e l’elogio della varietà
Nietzsche diceva che “le migliori idee vengono camminando”.
Non stava parlando solo di gite nel bosco.
Stava parlando della flessibilità mentale.
Della varietà. Della possibilità di trovare connessioni nuove, invece di scavare sempre più a fondo nello stesso buco.
Epstein gli fa eco con dati, ricerche, esempi:
Chi ha esperienza in campi diversi è più bravo a risolvere problemi nuovi.
Vede pattern dove gli altri vedono muri.
Costruisce connessioni che non stanno sui manuali.
“Non è vero che chi fa tante cose non arriva mai da nessuna parte.
È vero il contrario: chi ha esplorato di più, arriva più lontano.”
(Range, D. Epstein)
Smettere di sentirsi in ritardo
E allora forse dovremmo fare pace con l’idea di “arrivare tardi”.
Forse cambiare lavoro a 35/40/45 anni non è un fallimento.
Forse iniziare un progetto fuori settore non è una distrazione.
Forse non sapere cosa fare da grande… non è sbagliato.
Non stai perdendo tempo.
Stai mettendo insieme pezzi.
E un giorno, potrebbero servire tutti.
Hai mai avuto paura di fare troppi giri prima di iniziare davvero?
Se ti ha fatto pensare, scrivimi.
Mi interessa davvero il tuo punto di vista.
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Grazie per aver letto fino a qui. Ci leggiamo settimana prossima.
PS: Se sei in ferie, buone vacanze!
Come sempre, un saluto,
Filippo di Builded.