Cosa succede se prendi un bene primario come l’acqua, lo infili in una lattina da birra, lo chiami “Liquid Death” (Morte Liquida) e ci stampi un teschio infuocato sopra?
Arrivi a 1,4 miliardi di valutazione in meno di dieci anni.
Liquid Death nasce nel 2017, fondata da Mike Cessario, un ex direttore creativo pubblicitario con una domanda in testa:
“E se prendessimo un prodotto sano, come l’acqua, e lo rendessimo cool come una bibita gasata o una birra?”
In un mondo saturo di bottiglie di plastica, di marchi che sussurrano “purezza”, “idratazione”, “ph bilanciato” e “sorgente naturale”, Liquid Death fa l’esatto opposto.
Grida. Sbatte la porta.
Si presenta con una lattina in alluminio nera, gotica, minacciosa.
Il suo slogan? “Murder your thirst.” (Uccidete la vostra sete)
La sua missione? “Death to plastic.” (Morte alla plastica)
Il suo marketing? Una parodia aggressiva di tutto il marketing aziendale tradizionale.
Riscrivere le regole del gioco
Il mercato dell’acqua in bottiglia è maturo, ipercompetitivo e affollato da player enormi: Evian, San Pellegrino, Nestlé, Fiji, Voss.
Tutti parlano di purezza. Tutti parlano di qualità. Tutti si assomigliano.
In un contesto del genere, cosa può fare un piccolo marchio emergente per farsi notare?
Semplice: smettere di giocare secondo le regole.
Liquid Death ha rifiutato di posizionarsi come “acqua migliore”. Ha deciso di essere un’ “acqua più divertente”.
Non ha venduto un bene, ha venduto un’identità.
Il marketing fuori di testa
Mike Cessario ha attinto al suo passato da creativo in agenzie e a Hollywood (ha lavorato a campagne per "House of Cards" e "Stranger Things").
Ha applicato le logiche dell’intrattenimento al prodotto più banale del mondo: l’H2O.
Ha creato una brand fuori di testa facendo product placement nei concerti punk. Ha stretto partnership con comici, musicisti e influencer borderline. Ha pubblicato video virali con teschi animati, pubblicità fake e spot da Super Bowl.
Risultato?
6,8 milioni di follower su TikTok, 6,7 milioni su Instagram (al momento della scrittura), un pubblico fedele e affamato di contenuti prima ancora che di idratazione.
E poi: 263 milioni di dollari in vendite globali, distribuzione in 113.000 punti vendita e tre anni consecutivi di crescita a tre cifre e una valutazione aziendale di oltre 1.4 miliardi di dollari.
“It’s just water”
Liquid Death ha risolto un problema che nessuno stava davvero affrontando: lo stigma del non bere.
La lattina assomiglia a una birra. Il brand ha il look di una band metal.
E se esci la sera con gli amici e non bevi alcol, Liquid Death ti toglie dall’imbarazzo di ordinare “solo acqua”.
Ti fa sentire parte della festa anche senza ubriacarti.
Ha capitalizzato sul boom del “sober curiosity”, il movimento che spinge i consumatori a ridurre l’alcol.
E ha portato acqua e tè freddo nel territorio di brand storicamente dominati da alcolici e energy drink.
La ciliegina? Ha fatto tutto questo senza mai parlare davvero del suo prodotto.
La strategia anti-tutto
Liquid Death non vende acqua.
Vende una visione del mondo: anti-marketing, anti-mainstream, anti-plastica.
È un paradosso vivente: un brand da miliardi costruito sul liquido più famoso al mondo. Ma è proprio lì la forza.
Ha trasformato l’irrilevanza del prodotto in una tela bianca su cui proiettare una narrazione potente.
Nel mercato saturo di oggi, dove il prodotto non basta più, il messaggio è tutto.
E Liquid Death ce lo sbatte in faccia con una lattina da 500ml e un teschio stampato sopra.
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Ci leggiamo presto.
Builded.